Dovremmo risalire alla notte dei tempi per sapere in che epoca fu scoperto il caffè. Una sola cosa è quasi certa: è originario degli altipiani etiopici, forse proprio della regione di Kaffa, da cui potrebbe derivare il nome. Ciò irrita i sapienti che considerano questa affermazione come una facile edizione, tanto più che in Abissinia il caffè viene chiamato Banin, parola che non ha nulla in comune con le diverse denominazioni dategli dagli Arabi e dai Turchi: qahwah, cahaah e anche kaweh. Ciò detto, la pianta del caffè laggiù cresce allo stato selvaggio e da tempo immemorabile. Ignoriamo quando e come la pianta sia passata nello Yemen o se vi crescesse anche prima. Certo è che gli abissini consumavano il Banchum molto prima che gli Yemeniti ne conoscessero l’esistenza.

Tale bevanda era un decotto di bacche e foglie di caffè. Facevano pure una pasta a base di grasso animale e di bacche di caffè pestate in un mortaio di legno o di pietra e se ne nutrivano. Beninteso, la torrefazione del chicco è avvenuta molto dopo e dev’essere stata puramente accidentale, come ci raccontano alcune meravigliose leggende che, seppur molto ingenue, possono tuttavia offrirci alcuni chiarimenti sulla scoperta di questa pianta. Sull’origine della parola caffè, Jean de la Roque, nel suo libro Woyage de I’Arabie Heureuse (1666), ci dice:«Al principio, per stabilire l’etimologia della parola caffè ci è stato detto che tale parola deriva da cahveh, come lo pronunciano i turchi, con una V consonante. E’la medesima cosa anche per gli arabi che dicono cahaah senza pronunciare la V come i Turchi e come noi, bensì come gli Italiani pronunciano la vocale U; ed ecco che, cambiando una lettera, e pronunciando in modo leggermente diverso dagli orientali, abbiamo formato la parola caffè, dal vocabolo turco cahveh, che proviene da cahaah, di origine araba. » Ed aggiunge: «Cahaah è l’infinito di un verbo che significa non aver voglia di mangiare, non avere appetito; è anche uno dei diversi nomi che gli arabi danno al vino, grazie alla ricchezza della loro lingua: effettivamente il vino bevuto in quantità eccessiva fa lavorare molto lo stomaco e toglie l’appetito. » Philippe Sylvestre Dufour, nel suo Traitez Nouveaux & Carieax da Café, da Thé & da’ Chocolate (1685), parla anch’egli dell’origine della parola caffè: “………..è incredibile che non ne conosciamo neppure il nome vero, malgrado da tanti anni ci sia così comune berlo. Anche gli autori che hanno scritto su ciò hanno tutti idee e concetti assai differenti tanto sul suo nome quanto sulle sue qualità.
Alcuni dicono che, prima di macinarlo, si debba chiamarlo Banchum in latino e Bon in francese, da pronunciare Dan. Altri, dopo macinato, lo chiamano con nomi diversi, quali: caféj caphé, cavè, cavet, cahué, cvean, chaabé, choana, chaona, cahaeh. Ecco, peraltro, quanto mi ha scritto da Aleppo un uomo di singolare intelligenza, dopo aver fatto di tutto per cercare di saperne di più in molteplici colloqui con persone in grado di insegnargli qualcosa su questo argomento, grazie ai viaggi da esse realizzati nei luoghi in cui viene prodotto e allo studio dell’utilizzazione che ne viene fatta nel campo della medicina, che professano da moltissimi anni: «Il nome della bacca di cui mi parla scrisse dunque nella lingua del paese in cui viene prodotta, che è l’Arabia, è cahoùeh, poiché gli arabi non pronunciano la U come gli altri popoli. I turchi e gli altri orientali pronunciano cahueh. A mio avviso è questa la pronuncia che meglio si accorda con quella francese, senza aspirare troppo le H. La parola cahneh deriva da cohuet che significa forza e vigore: tale bacca viene infatti chiamata così perché provoca l’effetto di fortificare, di corroborare. Malgrado tale spiegazione mi suggerisca di usare in questo trattato la parola cahueh, tuttavia, dato che tal cosa mi pare indifferente, per accomodarmi al nostro uso, non lo chiamerò più che Caffè.”
Tratto da Felipe Ferrè “Il Caffè” 1988 Silvana Editoriale


